26 marzo 2023 - V di Quaresima (A)

Omelie festive

Giovanni 11,1-53


La rivificazione di Lazzaro è il settimo dei grandi segni, che Giovanni ha raccolto nel suo vangelo.
Questi 'segni' hanno la funzione di preannunciarci qualcosa che si realizzerà pienamente 
nella morte di Gesù, che sarà narrata nella seconda parte del vangelo. La spiegano tre frasi:

1. La propria vita per la vita di un altro 

I discepoli tentano di dissuadere Gesù, che vuole andare a Betania, vicino a Gerusalemme, per ridare 
la vita a Lazzaro morto: “Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?”.
Queste parole ci fanno intuire che Gesù per dare vita al suo amico Lazzaro, morto, 
è disposto a perdere la sua propria vita. Ecco il significato primo, fondamentale, essenziale 
della morte di Gesù: Gesù vive la sua morte come un dare la sua vita per i suoi amici.
Dare la vita per gli amici, per Gesù non è solo un nobile atto di amore, ma la più grande espressione 
d'amore: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”.
E' interessante rilevare che l’evangelista Giovanni attribuisce alla morte di Gesù la qualifica di “ora”: l’ora più importante della storia, la più decisiva, perché la riempie di senso e di valore, 
non è l’ora, in cui è avvenuta una straordinaria vittoria militare, 
non è l’ora, in cui si è verificata una scoperta di grande portata storica, 
non è l’ora, in cui si è realizzata una geniale invenzione tecnica, 
è invece l’ora, in cui l’amore si è espresso nella sua misura massima nella morte di Gesù.

2. Le parole che ridanno vita  

Con queste parole Gesù richiama il morto alla vita: “Lazzaro, vieni fuori!”. L’esperienza della morte 
fa calare un buio fitto e impenetrabile su tutto, anche su Dio, sulla sua vicinanza. 
Quando si è alle prese con la realtà della morte, si è tentati di ritenere 
che Dio con scandalosa indifferenza si è fatto distante, anzi assente.
Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro, muovono a Gesù appunto questo rimprovero: 
“Se tu fossi stato qui”: non sei corso dal tuo amico morente, lo hai abbandonato alla morte!
Questo stesso rimprovero affiora spesso anche sulle nostre labbra.
Gesù, con il suo rendersi presente dove la morte sta dominando sui suoi amici e con il suo grido:
“Lazzaro, vieni fuori”, mostra che non è vero che il suo amore massimo per i suoi amici 
finisce in niente, quando arriva la morte: ma si fa presente e toglie di mezzo la morte.
E' quanto avverrà il venerdì santo: in Gesù crocifisso Dio mostra che Lui non si tiene per nulla lontano
dalla nostra morte, anzi la condivide non stando accanto, ma portandosi dentro Lui stesso 
nel nostro morire: e così porta dentro il nostro morire tutta la forza del suo amore divino: 
così rende la morte di tutti i suoi amici (anche la nostra) passaggio alla pienezza di vita!

3. La potenza dell'amore 

Gesù, davanti a Lazzaro con le mani e i piedi bendati, ordina: “Liberatelo e lasciatelo andare”.
Quanti uomini ritengono che la morte è la fine di tutto e quindi si lasciano legare, imprigionare
nelle loro speranze di vita da questo loro modo di intendere la morte!
Noi invece crediamo che l’amore massimo di Dio ha scelto di rendersi presente nella nostra morte,
determinando una sorta di radiazione di amore. Parte da qui una reazione a catena di amore, 
che porta Gesù a darci questo ordine: aiutate quelli che sono legati, imprigionati dalla convinzione
che la morte è la fine di tutto: con la vostra dedizione di amore fate sperimentare anche a loro
quanto è potente l’amore, con cui Dio ama la nostra umanità peccatrice e mortale.
Viviamo ogni ora della vita come dedizione di amore; così riempiamo di senso e di valore 
la nostra vita personale e la storia, in cui viviamo. 
 

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